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Birra artigianale barricata Figaria di Birrificio Maltonauta
Consigliato dal sommelier

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Birra artigianale barricata Figaria di Birrificio Maltonauta

5,90 €
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Tasse incluse

Azienda: Maltonauta
Provenienza: Cosenza
Stile: IGA

Produttore: Maltonauta
Quantità
In Stock

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Principali informazioni della birra
Provenienza: Calabria - Cosenza
Produttore: Birrificio Maltonauta
Formato: 33 cl.
Alcool: 7,2%
Aspetto: ambrata
Stile: dry hopped barrel aged italian grape ale ( IGA )
Struttura: ottima struttura
Gusto: amara
Affinamento: minimo 8 mesi in botti di rovere
Ingredienti: acqua, malti d'orzo, uva, luppolo, zucchero e lievito

La descrizione del sommelier
In questa IGA calabrese viene aggiunta una importante percentuale di mosto di uva magliocco, vitigno autoctono della provincia di Cosenza. Birra che fa un passaggio di circa 8 mesi in botti di rovere francese dove è stato fatto dry hopping (sotto ti spiego cosa è), usando luppoli diversi rispetto alla Figaria BXL che nasce dalla stessa cotta ma con finale di lavorazione diverso, quindi, luppoli diversi, legno di affinamento diverso, e questa affina più mesi rispetto alla BXL.

Figaria è un terminine inventato dai ragazzi di Maltonauta che nasce unendo una versione dialettale calabrese (una cosa figa) con la sigla IGA (italian grape ale) ed ecco quindi la f-IGA-ria dei maestri birrai calabresi che di mare ne stanno solcando parecchio. Dei geni !! 

Si presenta con un color bronzo luminoso davvero accattivante con una schiuma pannosa, intensa, di media persistenza e dai marcati profumi tostati. Naso complesso e di ottima intesità, leggerissime note vinose aprono le danze per lasciare la scena poi ad un ballo spettacolare fatto di sensazioni scure di miele, frutta secca tostata, zucchero bruciato (ricorda la creme brulèe), fieno secco, tabacco biondo fermentato, cacao amaro, cannella, con note importanti di luppolo dovute al Dry Hopping. Davvero grande eleganza espressa con carattere deciso, un naso "maschile" che ti avvolge in tutta la sua grandezza. Se avete un po di pazienza, sui 10/12 gradi si concede e su culla si delle note di distillato di vino che ti lasciano con la bocca aperta !! 

Il sorso di questa birra artigianale calabrese è sorprendente, perchè, a parte la coerenza retro-olfattiva con queste note tostate molto marcate, ha due personalità nette e distinte, che ti lascia di stucco, l'equilibrio e la grande classe iniziale, quindi setosa, avvolgente, morbida con i suoi 7.2 gradi alcol, sopraffatti ad un certo punto e senza preavviso da una potenza atomica, come schiantarsi ad un muro senza freni, e sbaaaam, finale secco, deciso, "muscoloso", amaro (ma non troppo), che sa di miele, di tabacco, di caffé e di croccante di nocciole, senza nessuna voglia di lasciare la scena muore con una persistenza infinita che va oltre i 90 secondi. Una birra decisamente maschile che potrebbe trovare consenso anche da donne decise e di carattere.


Consigli del sommelier
Una birra che si presta per moltissime occasione, un vero asso nella manica per stupire l'amico fratello di sempre. Da sola in terrazza, con due chiacchiere e un sigaro leggero, non troppo pesante. In abbinamento con secondi di carne rossa, anche selvaggina (meglio se volatili), formaggi a pasta molle e leggermente grassi di mucca, pizza gourmet con minimo del pregiato lardo sopra. Per i più aperti io la proverei su un croccante di nocciole e mandorle con del cioccolato fondente fuso sopra. Uno spettacolo di birra!


L'azienda

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Per saperne di più

Che cos'è Dry Hopping (
luppolatura a freddo)
I luppoli svolgono un ruolo determinante nel processo di birrificazione. A seconda di quando vengono aggiunti al mosto, possono contribuire con l’amaro, l’aroma e il profumo. L’amaro deriva dagli alfa acidi contenuti nel luppolo, mentre il profumo e l’aroma derivano per la maggior parte da oli volatili. Il termine volatile si riferisce al fatto che gli oli vengono estratti con la bollitura in un tempo abbastanza breve, all’incirca in 15-20 minuti. Questo è il motivo per cui i birrai in genere aggiungono i luppoli per l’aroma e il profumo verso la fine della bollitura. Per estrarre il massimo di aroma e profumo, e preservare il più possibile gli oli volatili, alcuni birrai invece praticano il dry hopping.

Il termine dry hopping risale a secoli fa, quando i birrai inglesi erano soliti aggiungere il luppolo nelle botti subito prima di consegnarle (o spedirle) ai consumatori. Infatti, i plugs da 14 gr sono stati specificatamente inventati dai produttori di luppolo inglesi, per trovare un modo comodo e conveniente per aggiungere il luppolo in un fustino o in una botte. Al giorno d’oggi invece per dry hopping si intende ogni aggiunta di luppolo effettuata a mosto freddo. Queste aggiunte possono essere fatte nel primo fermentatore, nel secondo fermentatore dopo il travaso, oppure aggiungendo il luppolo direttamente nel fustino durante la fermentazione secondaria.

PRO E CONTRO
Poichè gli oli volatili non vengono bolliti, il beneficio maggiore del dry hopping è che si puo’ estrarre nella birra finita il maggior profumo e aroma possibile. In questo modo si possono dare alla  birra toni floreali e un intenso profumo di luppolo, cosa molto desiderabile in tutti quegli stili di birra molto luppolati, come le pale ale e le IPA. Quello che invece il dry hopping non fa è aggiungere amaro alla birra. Per convertire gli alfa acidi del luppolo in iso-alfa acidi (quelli che conferiscono l’amaro) è infatti necessaria la bollitura: per ottenere il grado di amaro desiderato, l’unica cosa che si puo’ fare è aggiungere luppolo da amaro proprio in bollitura.
Di contro, la mancanza di bollitura è però uno degli svantaggi del dry hopping, ovviamente perchè i luppoli non essendo bolliti non sono sanificati. Questa è una cosa che preoccupa molti birrai, specialmente quelli ai primi esperimenti di dry hopping. La verità però è che i luppoli non forniscono un ambiente favorevole per la prolificazione della maggior parte dei batteri. Inoltre, se si aggiungono i luppoli nel primo fermentatore subito dopo l’inizio della fermentazione, qualsiasi batterio che si trovasse sul luppolo avrebbe vita non facile dovendo competere con la vigorosa attività dei lieviti nel mosto. Se i luppoli invece vengono aggiunti nel secondo fermentatore dopo il primo travaso, allora il contenuto di alcool e il basso livello di ph della birra impedirebbero comunque la prolificazione dei batteri.

Se teniamo conto di questi fattori, possiamo tranquillamente affermare che le contaminazioni batteriche causate dal dry hopping sono estremamente rare e non vale la pena preoccuparsi di questo. L’unico altro svantaggio del dry hopping consiste nel fatto che semplicemente non a tutti piace l’effetto finale. Alcuni pensano che questa tecnica renda la birra “erbacea” o “resinosa”: effettivamente il dry hopping conferisce alla birra un tipo diverso di profumo e aroma rispetto al metodo tradizionale che prevede l’inserimento del luppolo durante la bollitura…personalmente io la amo!


LO STILE IGA
Italian Grape Ale (IGA) è il primo stile birrario italiano ad essere stato riconosciuto dal BJCP (Beer Judge Certification Program).

Non rappresentano uno stile definito, sia nella teoria che nella pratica, ma sicuramente vanno alla grande. Le Italian Grape Ale, cioè le birre italiane caratterizzate da diverse varietà di uva, sono tra noi – già dal 2006 – sono di moda e alcune sono anche ottime.
Si tratta di birre nelle quali il carattere dell’uva, con la sua aromaticità e tipicità, deve essere presente e non compromesso degli ingredienti del mosto di birra. Perché di questo si tratta: mosto di birra e uva, che può essere presente sotto forma di frutto al naturale, di mosto muto, di sapa, di mosto fermentato o anche solo di vinaccia. Uniti danno vita a una bevanda ponte tra questi due mondi così diversi, così in antitesi. Anche l’acidità è spesso una particolarità di queste produzioni che, se presente, dovrebbe comunque essere più una nota di fondo che un’ingombrante sensazione palatale. Insomma, secondo la descrizione dello stile, le IGA non dovrebbero avere niente a che vedere con l’acidità spiccata di un Lambic – e qui, il condizionale è d’obbligo.
L’Italia non è l’unica nazione produttrice, ma se le hanno chiamate Italian un motivo c’è. Anzi, più di uno. Le Style Guideline del BJCP, che dall’edizione 2015 ha implicitamente dichiarato che la nostra nazione è un punto di riferimento per tale tipologia, cita la creatività. I birrai italiani non hanno conosciuto un Reinheitsgebot né birrifici tramandati di generazione in generazione, per cui lavorano senza legami, liberi di sperimentare ingredienti particolari o nuove tecniche produttive. Tuttavia, personalmente, non credo che abbiano un primato in quanto a eccentricità in questo senso. È anche (ma non solo) una questione di materie prime. Non abbiamo una tradizione birraria consistente, che abbraccia i secoli e coinvolge le generazioni come accade in Belgio, per cui ingredienti come il luppolo non sono mai entrati a far parte della nostra cultura. Il vino e l’uva, invece, sono talmente partecipi della cultura italiana da essere spesso sinonimo di italianità all’estero. Inoltre, sono la migliore dimostrazione dell’incredibile biodiversità del nostro Paese.
Di certo, le IGA offrono al birrificio la grande opportunità di ancorarsi al territorio d’origine usando uve locali. La territorialità è sempre stata, infatti, il punto debole della birra italiana, che ancora oggi utilizza quasi sempre materie prime provenienti dall’estero. Usare nella birra un vitigno autoctono, laddove una volta si era sperimentato con la castagna, aiuta a colmare questa lacuna, se mai doveste vederla come tale. Oggi le IGA rappresentano per molte persone ancora una novità, per cui l’hype è sempre alto. Le occasioni per assaggiarne una si moltiplicano (segnalo Campi di Birra Festival, dedicato a IGA e dintorni, dal 28 al 30 aprile a Campi Bisenzio) e i birrifici che si cimentano in questa tipologia in crescita.
Tra i migliori, una menzione d’onore va al birrificio sardo Barley di Nicola Perra, il pioniere delle Italian Grape Ale, che ancora oggi sperimenta sempre birre nuove. 

Maltonauta
CBG2335

Scheda tecnica

FAMIGLIA
Birra artigianale calabrese
PRODUTTORE
Maltonauta
MOMENTO IDEALE
cena
ABBINAMENTO
carne rossa
pizza e panini
selvaggina
PROVENIENZA
Calabria - Cosenza
AFFINAMENTO
legno
STRUTTURA
di ottima struttura
ALCOL
7 / 10%
ASPETTO
birra ambrata
STILE
Ale
GUSTO
amara
FORMATO
33 cl
OFFERTE
in promozione

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